giovedì 28 novembre 2013

Il nostro Unschooling

Lo so, troppo spesso mi perdo in voli pindarici e manco di raccontare la nostra esperienza quotidiana da famiglia homeschooler.

Siamo arrivati fin qui, molto gradualmente.

Prima di trovarci immersi in questa normalità (per noi), negli anni, l'abbiamo immaginata e declinata in molte maniere diverse. Di fatto siamo andati via via levando.
Quella che, inizialmente, poteva sembrare una versione rivisitata e corretta della scuola - trasferita fra le mura domestiche - oggi è semplicemente altro.
Abbiamo levato, dicevo, nel senso di tolto: abbiamo tolto programmi, orari, materie, voti (detesto i voti!!), premi, punizioni, gare, sfide...
Abbiamo levato nel senso di sollevato, alleggerito. Giorno per giorno la nostra posizione si è andata "alleggerendo" (per qualcuno radicalizzando) verso l'Unschooling. In questo ci hanno ispirato gli scritti di John Holt (Growing without school) e le tantissime esperienze in rete (e non) provenienti soprattutto dagli Stati Uniti. Un ruolo importante, qui in Italia, lo dobbiamo a controscuola e a Educazione Parentale, luoghi di incontro e di confronto. Molto hanno significato anche le riflessioni del libertario Marcello Bernardi (in particolare Educazione e Libertà) e il dirompente saggio di Alfie Kohn (Amarli senza se e senza ma). 

Alla base dell'Unschooling ci sono considerazioni molto semplici, ma niente affatto scontate. Si tratta di un approccio che sta in piedi solo partendo da un atteggiamento di totale fiducia nei confronti dei bambini. (E già qui, diciamolo, non siamo affatto preparati culturalmente.)

In sintesi:
. i bambini sono guidati da una spinta naturale ad imparare;
. sanno di cosa hanno bisogno e come apprenderlo;
. imparano e assorbono ciò che è necessario nel contesto in cui vivono. Vita e apprendimento sono la stessa cosa;
. ognuno apprende secondo i propri tempi e secondo percorsi individuali e, soprattutto, attraverso l'esperienza;
. l'apprendimento - quello vero - nasce da una motivazione interna: che si tratti di passione, interesse o necessità (per. es. molti bambini unschooler hanno imparato a leggere spinti dall'esigenza di consultare qualche libretto delle istruzioni);
. le motivazioni esterne: premi e/o punizioni (voti buoni e/o cattivi) non funzionano sul lungo periodo, poiché agiscono a discapito della passione e rischiano di essere di ostacolo all'individuazione del proprio cammino;
. la scuola -  cosiddetta compulsiva - spegne la creatività, intesa  anche come capacità di trovare soluzioni. A tal proposito segnalo questo  bellissimo video:


. infine (ma molte cose avrò certamente dimenticato) lo scibile è talmente immenso e vario che non possiamo davvero pensare di recintarlo entro gli stretti confini di rigidi programmi scolastici massificanti. Non sarebbe molto più fruttuoso per tutti se la conoscenza di ognuno seguisse percorsi individuali e diversi? Come dice molto bene Silvano Agosti: "... avremmo per le strade dei capolavori ambulanti. Ognuno avrebbe la sua visione del mondo e il mondo sarebbe ricco di infinite interpretazioni..."

Ecco, un mondo ricco di infinite interpretazioni 
è proprio ciò di cui si sente un immenso bisogno.

Un mondo ricco di infinite interpretazioni 
è proprio ciò che deve fare paura ad alcuni.

Detto questo, atterro dai miei voli pindarici e vi racconto, velocemente, che le nostre giornate non sono scandite da campanelle, programmi, compiti.
L'attività principale dei bambini resta  il gioco. La mattina generalmente si tratta di gioco all'aperto. Considerato il clima di questi luoghi, hanno già costruito il primo igloo dell'anno, grazie alle recenti nevicate. Poi si spostano in casa dove i passatempo più in auge sono le costruzioni e la pista in legno per il trenino. Entrambe le attività richiedono tempo, logica, coordinazione, ordine mentale, mediazione. I giochi virano immancabilmente nel gioco di ruolo, dove reinterpretano, rielaborano e approfondiscono (facendo domande) vissuti recenti o temi a loro cari.

Niente di speciale, lo so... 
salvo la nostra speciale convinzione che questo sia apprendimento.

Leggiamo, lo abbiamo sempre fatto; ci piace. Leggiamo di tutto, purché scritto bene. E poi parliamo, tutti e troppo, ma parlando capita di affrontare insieme dubbi, curiosità, domande filosofiche, paure, sogni...

Il tutto accade all'interno di una quotidianità pienamente condivisa, dalla gestione della casa e della famiglia al lavoro. I bambini sono con noi quando abbiamo ospiti in albergo: sanno in cosa consiste il nostro lavoro e quali responsabilità e soddisfazioni comporti. Sono con noi quando c'è da tagliare la legna e accatastarla; è un momento di condivisione e ce la mettono tutta per essere d'aiuto; sono con noi quando si piantano i fiori; si seminano e raccolgono patate (questo compete ai nonni); sono con noi quando cuciniamo (non sempre ovviamente... e per fortuna!) e così via.
In questo periodo Grande e Piccolo sono le ombre del padre Nordico, che si sta dedicando alla ristrutturazione della mansarda di casa, destinata a diventare il loro spazio giochi, studio, laboratorio (già sede in fieri di un neonato "Club dei bambini e dei giochi" fondato da Grande.) Tutti i giorni nelle loro tute blu (da metalmeccanici) seguono il padre su per un'irta scala di legno, per tornare - a distanza di qualche ora - pieni di trucioli e nuove idee per la testa. Trattasi di  "non scuola", non c'è dubbio, ma anche di apprendimento allo stato puro. Non saprei neanche mettere in fila tutte le materie e le non materie che sperimentano a fianco del padre mentre misurano i listelli da montare sulle pareti, per poi fissarvi l'isolante. Poi sarà la volta dell'impianto elettrico; poi delle tavole di abete da imbiancare e fissare a parete e a terra; poi verrà la finestra ovale, con vista lago, forse monteranno insieme una stufa a legna (sulla quale sono tuttora in corso trattative) e poi la scala.... ancora tutta da progettare! A tratti, mentre il padre lavora, si perdono nei loro giochi con chiodi e martelli: li sento battere, parlottare, ridere, litigare...
Ma, sopra ogni cosa, la non materia fondamentale che stanno apprendendo è data dall'esempio di un padre che sa fare molte cose; che ha voglia di fare e che ama quel che fa.

E poi - ma non è una nota a margine! - c'è un Minuscolo di 10 mesi che cresce e partecipa ogni giorno di più. Al mattino si sveglia sfoderando il suo sorriso pieno di sole e chiama, con i suoi gorgheggi, i fratelli che accorrono e poi corrono via. E lui dietro gattonando, smontando ciò che loro montando, osservandoli e osservato da loro, che attraverso di lui stanno imparando altre cose (seppure del tutto fuori programma).
Unschooling ... non scuola...

Impareranno a leggere e scrivere? E a fare di conto? E la grammatica? E l'insiemistica?
Certo, non c'è dubbio. Impareranno ad assumersi le proprie responsabilità? Certo: lo vedono fare ogni giorno, perché non dovrebbero? Impareranno ad obbedire, a "stare in fila per due", a dare le risposte esatte. Mi sa di no.

Questo è il nostro percorso, non è misurabile attraverso i voti e le pagelle; non è confrontabile con quello degli altri. Ma è tangibile, perché è pieno di senso ogni giorno di più.

L'unico "neo", ma spero che riusciremo a mediare, è legato alla nostra scelta di fare fare a  Grande l'esame di prima elementare a Giugno. Parlo di scelta perché in realtà per legge, chi fa scuola parentale (homeschooling), non è obbligato a fare l'esame di fine anno, a meno che non intenda entrare o rientrare nel circuito scolastico.
Noi preferiamo, comunque, affrontare la verifica di fine anno (magari un giorno spiegherò il perché).
Questo, inevitabilmente, entra in conflitto con il nostro approccio, che vorrebbe essere indipendente da scadenze fisse e programmi preimpostati.
Ma ce ne faremo una ragione!
Trattandosi di scuola primaria e sopratutto del primo anno, fortunatamente contano di più le competenze dei rigidi programmi. In parole povere sappiamo che Grande dovrà imparare a leggere e scrivere abbastanza fluentemente, entro Giugno. Sulle competenze di matematica non ci sono sforzi da fare, visto il suo vivo interesse. Al momento non gli stiamo facendo pressione; vediamo che, giorno per giorno, nella sua testa si sta dipanando il mistero della lettura e della scrittura. Sono certa (abbastanza!) che arriveremo alfabetizzati a Giugno: sarà a modo nostro, secondo i nostri ritmi e seguendo i nostri sentieri.

Non tutto è semplice
Non tutte le giornate scorrono senza intoppi
Momenti di dubbio e riflessione non mancano
Ma siamo qui:
nel pieno delle nostre vite,
nel pieno delle nostre scelte, pensate e consapevoli


domenica 24 novembre 2013

Luci ed ombre dell'educare

Caterina di LibereLettere e Selima di Timoilbruco, che ho avuto la fortuna di incontrare virtualmente (ma non ancora di persona!), hanno lanciato un seme nel web, con l'intento di "Dialogare per costruire". Un modo per confrontarsi, di blog in blog.

Mi piace: c'è bisogno di dialogo e c'è bisogno di costruire.

Mi piacerebbe ancora di più poter preparare un buon tè, qualche biscotto, invitare tante altre voci, e tutti insieme - camino acceso - parlare fino a tarda notte.

Non sarebbe bello Caterina?

In attesa che questo desiderio possa realizzarsi, prendo, per un attimo, il testimone e provo a dire ciò che intendo, oggi, per  EDUCAZIONE.  Sottolineo "oggi" perché, negli anni, la mia idea su cosa sia l'educazione si è molto evoluta - direi rivoluzionata! - per cui non mi sento di escludere che continui ad evolversi ancora.
Tant'è...
In un vecchio post (qui) - partendo all'etimologia di "educare" (da educere = tirare fuori)- ho sostenuto la tesi che educare dovrebbe, appunto, consistere nel "tirar fuori"e mai e poi mai dovrebbe consistere nel mettere dentro come racchiuso, invece, nell'etimologia di "insegnare" (da in-signare ovvero imprimere).
Mi sembrava che tutto tornasse, ma poi...
Poi ho letto il post di Caterina, che mi ha fatto riflettere sul ruolo troppo attivo, forse coercitivo, anche del "tirar fuori". Continuo a pensare che sia, comunque, meglio provare a tirar fuori da qualcuno ciò che è (o crediamo che sia), piuttosto che provare a metterci dentro ciò che vorremmo che fosse. Ma... ma certo il rischio di manipolare, plasmare, forgiare resta insito anche in questo non troppo circoscrivibile "tirar fuori", che sottintende degli adulti in una posizione di superiorità: si dà per scontato che questi abbiano la competenza per capire chi sia o sarà quel bambino e che abbiano gli strumenti per tirarne fuori la vera natura, insomma, per estrarla!

Così, grazie a Caterina, oggi, 
pensando al senso di "educere",
non riesco a togliermi dalla testa 
l'immagine di un dentista, tenaglie alla mano!

Ecco a cosa serve dialogare, ascoltare, confrontarsi.
Serve a fare un altro passo, magari in una nuova direzione; serve a mettere in discussione un pezzo della strada percorsa; serve a spostarsi dalle proprie certezze, provare a riprendere le coordinate per muoversi verso nuovi lidi.

Detto questo, mi accorgo che, nel corso degli anni, la mia idea di "educazione" si è andata sempre più sfrondando. E' stata una lenta , ma inarrestabile, azione di potatura: in certi momenti ci sono andata di fino, ma in altri non ho usato mezzi termini e via di ascia!
Da un'idea di educazione estremamente agita, concertata, strutturata, attiva, e inequivocabilmente "conforme", mi ritrovo con in mano un'idea di educazione sempre più leggera, quasi di sponda, di riflesso, decisamente meno invasiva, e piuttosto "difforme".
Mi ricordo-  ancora madre immaginaria - sostenere convinta che "mai e poi mai nel letto dei genitori"! Ammetto, con un certo imbarazzo, di aver "molestato" bambini altrui (sic!) affinché finissero ciò che avevano nel piatto. So che ho affermato che le frustrazioni fossero necessarie per adattarsi alla vita, riferendomi (oibò) a quelle frustrazioni "create ad arte" dai genitori per raddrizzare la giovane pianta. Confesso che, in assoluta buona fede, ho valutato i genitori dalle "buone maniere" dei figli, forse anche dai loro risultati scolastici... e via di questo passo... ahimè...
Poi l'istinto, il puro istinto (perché all'epoca non avevo modelli di "attachment parenting" cui rifarmi), mi ha spinto verso alcune scelte, in una bellissima spirale a salire. E per salire, si sa,  bisogna alleggerire.
A un mese dalla nascita di Grande ho acquistato (senza mai averlo premeditato) la fascia lunga e ho scoperto la gioia, ma anche la facilità del portare. Poi sono fortunatamente inciampata in alcune letture fra cui William Sears che mi ha "traviata" al co-sleeping e ancora oggi non si contano braccia e gambe nel lettone. Poi qualcuno mi ha fatto comprendere quanto fosse più importante che il bambino continuasse ad ascoltarsi e a fidarsi delle proprie sensazioni (fra cui quella della fame), piuttosto che finire forzatamente tutto quello che gli mettiamo nel piatto. Avanti in questa direzione ho, ovviamente, capito che non sono necessarie altre frustrazioni oltre a quelle cui, inevitabilmente, la vita ci pone davanti. Infine, dopo avere giudicato, ho temuto il giudizio degli altri: ho sudato quando i miei figli non salutavano; mi sono innervosita ogni volta che non rispondevano alle domande altrui, per poi scoprire (dopo tanto inutile sudare) che tutto accade al momento giusto per loro. Ancora oggi non riesco a fare a meno, in certe circostanze, di scrutare lo sguardo altrui per carpirne l'eventuale giudizio, ma so per certo - ogni giorno di più - che mi preme essere giudicata solo sulla base della felicità e serenità dei miei bambini.

Nel bel mezzo di questo cammino posso dire che "oggi" gli ingredienti che reputo fondanti della crescita con i miei figli sono (o dovrebbero essere) l'amore incondizionato, perché abbiano per sempre una base sicura da cui partire; la fiducia nella loro competenza e l'ascolto, per poterli seguire lungo percorsi individuali; la fiducia in noi stessi per continuare a percorrere strade poco battute; il tempo passato insieme (perché checché se ne dica la qualità del tempo non compenserà mai la mancanza dello stesso); il rispetto reciproco in un rapporto orizzontale e non verticale; l'esempio che diamo (ahi noi, l'esempio che diamo!);  il senso di una impensata libertà.
Il tutto, però, tenendo sempre a mente che - seppure in un'ottica di relazione orizzontale e non verticale - il rapporto fra genitori e figli resta inevitabilmente asimmetrico. Sono loro (i figli)  a dipendere da noi; siamo noi ad essere responsabili verso di loro; siamo soprattutto noi a determinare gli equilibri; siamo noi (buoni o cattivi) i loro modelli; mentre sono loro a fidarsi naturalmente e ciecamente di noi (noi dobbiamo educarci a fare altrettanto nei loro confronti); sono loro, di certo, ad amarci incondizionatamente, mentre noi non dovremmo mai smettere di chiederci se lo stiamo facendo.


Vi ho convinti?
Forse.... 
Potrei chiuderla qui. 
Quasi quasi...
Ma...

Ma, come ho già detto in altre occasioni, non sono affatto all'altezza delle mie "splendide" idee.
I miei passi non sono sicuri, quanto i miei pensieri.
Ed ecco che il cerchio si chiude per me: la sola educazione su cui  lavorare è quella di noi stessi, è l'autoeducazione.
Prenderne atto è qualcosa di straordinariamente difficile e sovversivo per chi è stato educato secondo le più tradizionali tecniche pedagogiche passive e autoritarie.
Difficile convincersi che, finalmente, possiamo essere responsabili della nostra crescita, della nostra formazione, della nostra educazione, della nostra vita.
Dopo anni e anni ad obbedire, a temere l'autorità, a dipendere dal giudizio esterno, a cercare di aderire al modello prescritto... scoprire che il "tema da svolgere" è libero, che non c'è traccia - se non la nostra - è davvero un salto nel vuoto (un casino pazzesco!).
Ma, allo stesso tempo, scoprire che nessuno ci può obbligare a continuare a percorrere il sentiero indicato, scoprire che basta fermarsi un attimo per trovare il coraggio di cambiare direzione, è un atto liberatorio e straordinariamente sovversivo!

Questo è quanto:  navigo sospinta dal vento amico delle mie idee libertarie e sbatacchiata verso gli scogli dai miei vecchi schemi autoritari. Non sono alla deriva, ma neanche in acque tranquille.

Mi educo, mi educo, mi educo e - in questo caso - direi che servirebbe proprio un bel paio di tenaglie per tirare, finalmente, fuori il meglio di me.


Questo post partecipa all'iniziativa "Stiamo in ascolto"

Qui di seguito i link agli altri post (spero di non dimenticare nessuno):
Libere lettere
Timo il bruco
Latte e champagne
Sara fatto con amore
Lunamonda
Gocce D'aria
La casa di Hilde

Lancio il seme a:
Greta di Imparare in piedi
Monica di Esperienze di homeschooler









sabato 23 novembre 2013

Certo, le nostre scelte ricadono sui nostri figli... perché le vostre no?



Si lo sappiamo: ci stiamo assumendo una grande responsabilità.
Ma mi chiedo: si può essere genitori senza assumersene tutte le responsabilità?

Si lo sappiamo: fare homeschooling è una scelta che ricade e ricadrà sui nostri figli.
Ma mi chiedo: quali scelte - da genitori - non ricadono sui figli?

Come dite? Si rischia meno facendo scelte ben piantate nel solco della "normalità"?

Davvero?

Non era forse normale in passato che il pater familias avesse potere di vita e di morte su figli e moglie?
Non era forse normale (e altrove lo è ancora) che i bambini facessero lavori pesanti e rischiosi?
Non era forse normale che si operassero i neonati senza anestesia, perché insensibili al dolore?
Non era forse normale (e ancora lo è non lontano da noi) che i bambini venissero promessi sposi dalle loro famiglie.

Insomma, è innegabile che anche restare nel "solco della normalità" sia una scelta che ricade sui nostri figli e non abbiamo alcuna garanzia che davvero sia la migliore per loro, solo perché "normale".
"Così fan tutti" a noi non può bastare.

Allora, tanto vale seguire la nostra strada. 

Per farlo bisogna compiere lo sforzo di porsi delle domande, a volte scomode, a volte molto complesse, per poi, serenamente, assumersi la responsibilità delle proprie scelte (dentro o fuori da quel solco).
E non c'è dubbio: le nostre scelte - quali che siano - ricadono e ricadranno sempre sui figli.
Ma almeno sapremo il perché e il per come e riusciremo a spiegarglieli.

Male che vada,
avranno imparato a farsi le proprie domande, 
a cercare le proprie risposte 
e a sbagliare con la propria testa e con le proprie ali.

...  il che non sarebbe affatto male!




sabato 16 novembre 2013

Siamo tornati

Dopo una lunga pausa, trascorsa nella mia amata Puglia, rieccomi a cercare di fermare qualche idea... e speriamo che sia buona!

Ci siamo concessi 3 settimane di vacanza nella mia terra natia. Abbiamo percorso tutta la costa Adriatica italiana, da nord a sud e viceversa, mentre Grande e Piccolo seguivano i nostri spostamenti su una cartina geografica. 

Ci siamo lasciati alle spalle la primissima neve alpina, per trovare un'estate tardiva e caldissima che ci ha regalato anche un paio di tuffi in un mare infinito.

Abbiamo percorso la geografia della mia infanzia, quella dei luoghi più cari.
Abbiamo, in parte, ricostruito la storia della mia famiglia, incontrando zii e cugini, a formare un immaginario (per ora) albero genealogico, pieno di frutti meravigliosi.
Siamo andati a ricercare le case natali dei nonni, come archeologi urbani.
E poi abbiamo mangiato... mangiato... mangiato... sapori a me familiari, pieni di ricordi che ridono.


Abbiamo osservato le architetture, così diverse da quelle Alpine: bianche le case, fatte di pietre estratte nelle cave vicine. Abbiamo dormito in un trullo, visitato un antico frantoio ipogeo, (destinato alla produzione dell'olio "lampante", ovvero per le lampade!), camminato su strade di pietre lisce e lucide.

Ci siamo riempiti gli occhi di bianco e di blu.

Non abbiamo preso nota, fatto compiti, ripetuto a memoria, disegnato, registrato...
Abbiamo vissuto.
Intensamente.
Osservato, con tutti i sensi... compreso il sesto, il settimo, l'ottavo... (che finalmente sappiamo che non bisogna darsi limiti!!!).

Anche questo è il nostro liberissimo homeschooling.

Vivere, ascoltare, ascoltarsi, osservare, raccogliere, chiedere, cercare... ma soprattutto fidarsi.

E si sa, la parte più difficile, ma anche la più bella, è proprio di riuscire a fidarsi!


Insomma, vorrei, ma non posso...
ma certo che posso!!!




venerdì 11 ottobre 2013

Dialogare si può (cronaca dell'incontro fra un direttore didattico e dei genitori homeschooler)

Ieri ci siamo incontrati con il direttore didattico dell'istituto, del quale fa parte anche la piccola scuola del nostro paese.

E' stato un incontro rilassato e piacevole,
all'insegna del dialogo e del rispetto.

Abbiamo spiegato, in maniera generica, le nostre motivazioni, sottolineando in particolare il nostro bisogno di "flessibilità".

La "flessibilità"- declinabile su molti fronti - è, infatti, uno dei più grandi vantaggi che noi troviamo nel fare homeschooling.

Prima di tutto la flessibilità nei contenuti, nei tempi, nelle modalità dell'apprendimento dei nostri bambini. Preziosissima flessibilità  per poter seguire le loro individualità.

Ma anche la flessibilità nell'organizzare la nostra particolare vita familiare.
Come ho già spiegato altrove, abbiamo un piccolo albergo e il nostro lavoro si svolge sempre e soprattutto nei periodi in cui le scuole sono chiuse: lavoriamo in estate, durante ogni periodo festivo e sempre nei weekend. Fare homeschooling per noi ha, quindi, anche il grande vantaggio di poter continuare a godere liberamente del tempo, in cui non lavoriamo, per viaggiare insieme ai nostri figli, fare brevi escursioni, dedicarci alle nostre passioni, leggere, studiare, giocare, parlare.... ma anche, e soprattutto, per essere una famiglia.

Il nostro gentile interlocutore ci ha ascoltato e ha solo accennato - ma davvero solo accennato - alle sue perplessità.
Un civile, gradevole scambio di visioni.

Infine abbiamo brevemente parlato dell'esame di fine anno.

E qui segnalo -  a chi non lo sapesse - che, in realtà,  l'esame  non sarebbe obbligatorio. (Rimando per maggiori informazioni al sito di Controscuola  e soprattutto al network di Educazione Parentale).

Noi, però, l'esame lo faremo (o meglio lo farà Grande!).
Prossimamente contatteremo gli insegnanti per capire quali siano le competenze che ritengono indispensabili per superare la classe prima della scuola primaria.
Presumo si tratti delle basi della matematica e della letto-scrittura. Per il resto eserciteremo il nostro diritto di presentare un curriculum personalizzato, il che in sostanza significa continuare a leggere i libri che ci pare (e non il sussidiario!) e continuare a saltabeccare liberamente fra storia, anatomia, biologia, astronomia, geografia.... come e quando ci va.

La nostra via è insomma un compromesso fra un approccio che vorrebbe essere il più unschooling possibile e la ovvia (per noi) necessità di dotare i figli di un titolo di studi.

Così è se vi pare: sono in tanti a non saper guidare nonostante abbiano la patente (e guai a dirglielo!), ma è anche vero che senza patente non si può guidare!

Seppure...
viaggiare in treno,
a piedi, in bicicletta, a cavallo 
non sia poi così male...

...ma l'ora è tarda e sto
"liberarbitrariamente"
andando fuori tema!

lunedì 7 ottobre 2013

Equinozio d'autunno fra le nostre montagne.

22 Settembre 2013.
Abbiamo festeggiato l'arrivo dell'autunno concedendoci, finalmente, qualche ora tutta per noi.
Dopo una lunga, intensa estate di lavoro avevamo davvero bisogno di ritrovarci da soli, noi cinque.
Il bosco ha cominciato a tingersi di un pallido giallo, che presto si farà oro e porpora.
Saliamo.
Una mucca ha partorito due vitelli, pochi istanti prima del nostro arrivo.
Restiamo a distanza a contemplare.
Saliamo.
In malga il fuoco è ancora acceso.
A breve torneranno a valle.
Saliamo.
Lungo un sentiero lo scheletro perfettamente spolpato di un capriolo.
Molte ipotesi - piuttosto fantasiose - sull'accaduto accompagnano, per un po', i nostri passi.
Saliamo.
Il volo circolare di tre falchi.
Saliamo.
Il mondo ai nostri piedi.
Stiamo.
Il cielo fra i capelli.
Siamo.
Piano, piano scendiamo.


giovedì 26 settembre 2013

Perchè non vogliamo e non possiamo cambiare la scuola dal suo interno.


Ho buoni ricordi dei tempi della scuola seppure, col senno di adesso, mi accorgo di quanto mi abbia segnato (come la stragrande maggioranza) rafforzando la dipendenza dai giudizi degli altri; condizionandomi ad avere obiettivi esterni e non interni; assuefacendomi all'autorità, alla gerarchia, ai premi e alle punizioni; abituandomi alla competizione.



 
 
Le mie critiche, verso il sistema educativo dominante, sono scaturite quasi per caso, dall'incontro - in anni recenti - con alcuni pensatori (John Holt; Ivan Illich; Marcello Bernardi; A. Neil; Alfie Kohn...) e continuano a scaturire dal confronto con chi, come me, sta mettendo in discussione "LA SCUOLA" (uno dei più grandi tabù, come ho avuto modo di scoprire!).

Vengo da una formazione di sinistra, per cui ho sempre, SEMPRE, difeso la scuola pubblica, credendo che fosse una risorsa fondante per la società e per l'individuo. Sarebbe lungo spiegare perché oggi ho qualche difficoltà a difenderla come facevo un tempo. Ci provo in breve e solo in parte...

Se oggi mi trovassi di fronte ad una scuola democratica, libertaria, che mettesse al centro il bambino e non il programma; le competenze e non le nozioni; le qualità e gli interessi di ognuno; la collaborazione e non la competizione (trovo che sia un reato contro l'umanità impedire ai bambini/ragazzi di aiutarsi durante le verifiche!);

Se oggi mi trovassi di fronte ad una scuola che tenesse conto di tutte, o almeno quasi, le intelligenze e non solo di quella linguistica e logico-matematica; una scuola che si ricordasse anche del corpo dei nostri bambini (non solo come supporto per la testa e appoggio per il grembiule); e della loro ANIMA (di qualsiasi cosa si tratti e non mi riferisco ovviamente all'ora di religione!);

Se mi trovassi di fronte ad una scuola in cui non si debba avere paura di sbagliare; una scuola in cui non si imparino a memoria banali risposte “esatte”, ma in cui si seminino domande complesse,  senza necessariamente un'unica risposta, senza necessariamente una risposta;

Se mi trovassi davanti ad una scuola senza voti umilianti (accettereste, voi, la pagella dai vostri datori di lavoro? O dal vostro compagno? O dai vostri genitori?), senza ricatti, senza punizioni e senza premi;

Una scuola senza i vergognosi compiti a casa che privano i bambini/ragazzi del LORO TEMPO, DELLA LORO AUTONOMIA, DELLA LORO LIBERTA’;

Se ci fosse una scuola che invece che le date, raccontasse il vero orrore della guerra (di ieri e di oggi); che invece delle capitali a memoria raccontasse la meraviglia della Terra e dei suoi popoli; che invece che i classici a tutti i costi trasmettesse la passione per la lettura;

Ma anche una scuola che desse l'opportunità di piantare un chiodo nel muro;  di zappare, seminare, curare, raccogliere; di dipingere, scolpire, incidere...; di preparare un pasto SANO e condividerlo con gioia;  di smontare, riparare, riciclare, riutilizzare; di autoprodurre e non solo consumare, consumare, consumare (leggo su fb- proprio in questi giorni - delle interminabili, alquanto improbabili, liste degli acquisti che vengono girate ai genitori i primi giorni di scuola: penne dal tratto sottile, matite dalla punta morbida, quaderni a quadrettoni, quadrettini, a righe, a stelle e strisce; colori ad acqua, a tempera, a pastello; copertine colorate, ma trasparenti, compassi – uno a testa! – goniometri – uno a testa! – per non dire della corsa all'acquisto di diari, astucci, zaini (possibilmente alla moda!), e della vendita di panini, bibite, merendine…etc. etc. etc.).

E soprattutto se ci fosse una scuola che insegnasse la vita insieme agli altri. Quella vita in comune che può essere sostenibile SOLO sulla base di regole condivise (e non imposte dall'alto); sulla base di una pari dignità (senza capi, capi dei capi, e capi dei capi dei capi – e senza bravissimi, bravi, mediocri e incapaci); senza aggressione; umiliazione; imposizione; senza  INUTILI FRUSTRAZIONI (che tanto ci pensa la vita vera a procurarcene).

Insomma una scuola dove nessuno debba mai
- dico mai -
chiedere il permesso per fare la pipì.

Ecco, se questa fosse LA SCUOLA,  tornerei ad esserne una sostenitrice.

Ma la scuola non è questa e  non lo è mai stata.... tranne in rare eccezioni (come descritto nel bel libro "Liberi di Imparare"  di Francesco Codello e Irene Stella ).
E soprattutto LA SCUOLA - nel suo apparato, nella sua struttura, nella filosofia che la sottende e nelle sue finalità - NON HA NESSUNA INTENZIONE di essere questo.

Ecco perché (lo dico a coloro che, a volte, ce lo chiedono) , ecco perché, riteniamo di non potere e di non dovere cambiare dall’interno questa scuola.  

Non sarebbe possibile.
Non ora.
 
Ecco perché scegliamo di tirarcene fuori e di fare, a modo nostro, il meglio che crediamo per la nostra famiglia.

Ma tirarsene fuori, non significa disinteressarsene.

Anzi!