venerdì 19 luglio 2013

L'apprendimento dovrebbe essere un viaggio lungo tutta la vita.

Amo il viaggio.
E amo il viaggio come metafora.
E' una metafora facile, lo so.
Banale.
La uso spesso e volentieri.
Direi che ne abuso.
Spudoratamente.

Sarà che è tempo di vacanze, sarà che - avendo un albergo - di questi tempi incontriamo più persone del solito (molti turisti e alcuni viaggiatori)... sarà che ho sempre amato viaggiare e che partirei adesso (in pigiama), ma in questo periodo il viaggio mi batte in testa continuamente, sia come spinta, richiamo, tensione (vi racconterò), sia come metafora dell'apprendimento.

Da giorni non riesco a fare a meno di pensare che l'apprendimento, la conoscenza potrebbero, dovrebbero essere un viaggio pieno di meraviglia, avventuroso, ricco di sorprese, di cambi di rotta, di incontri inaspettati.

Nordico ed io - ognuno per conto proprio (sia messo agli atti!) - fino ad una decina di anni fa,  partivamo zaino in spalla, scarpe comode, macchina fotografica reflex, diario di bordo, niente telefonino.
Sceglievamo la destinazione, ci procuravamo una mappa, tracciavamo un percorso, ma poi cambiavamo direzione strada facendo.
Prima di partire, immaginavamo i posti che avremmo visitato, buttavamo giù un'ipotetica tabella di marcia, ma poi - una volta "dentro al viaggio", dimentichi delle nostre stesse intenzioni - sceglievamo di fermarci per giorni e giorni in un luogo, senza motivo, se non quello di goderne l'atmosfera.

Del Messico ricordo, in particolare, i giorni trascorsi a Oaxaca: la piazza alberata, le case basse e colorate, il senso di libertà assoluta nell'essere lì, da sola, a decidere il mio cammino.
Se chiudo gli occhi, in un attimo torno lì.

Ecco, la conoscenza, l'apprendimento dovrebbero assomigliare a questo tipo di viaggio.
Ognuno dovrebbe poter scegliere la destinazione, cambiare rotta; ognuno dovrebbe essere libero di fare incontri e godere di scoperte inaspettate; ognuno dovrebbe potersi fermare quando serve, se serve. Riposare, meditare, tornare sui propri passi  e poi ripartire sazio, appagato, entusiasta verso nuove destinazioni.

L'apprendimento dovrebbe essere un viaggio lungo tutta la vita.

Ma la scuola...
La scuola non è un viaggio, nonostante lo zaino possa evocarlo.
La scuola è piuttosto un Tour Organizzato.
Non scegli la destinazione, le tappe, i tempi: altri hanno già scelto per te.

Basta salire a bordo... e lasciarsi guidare:

"Alla vostra destra potete ammirare il teorema di Pitagora; alla vostra sinistra i numeri in inglese da 1 a 10; prego proseguiamo veloce per raggiungere entro le 11.00 i verbi transitivi; le domande, non ora , per favore, altrimenti ci chiude la mensa. Signori, vi ricordo che dopo pranzo avrete 15 minuti di libertà nei quali vi invito ad usufruire della toilette; ci vediamo alle 13.00 in punto, qui nella hall della scuola, per fare l'appello. Proseguiremo, poi - come da programma - con la visita al laboratorio di scienze, dove potrete assistere all'ebollizione. Infine, vi ricordo che domani alle 9 in punto è prevista la presa della Bastiglia, non mancate".

Tornati a casa avranno gli stessi quaderni, le stesse facce annoiate, gli stessi compiti.
Così come tornati a casa, dai tour organizzati, hanno tutti le stesse foto, le stesse facce vacuamente soddisfatte, gli stessi sfuggenti ricordi e tristanzuoli souvenir.

Li vedo passare in fila, per le strade di Firenze, lo sguardo fisso sull'ombrellino della loro guida (perdersi non è nei programmi! Peccato.). Alcuni arrancano stanchi qualche metro indietro; pochissimi si distraggono; non si parlano fra loro perché, dotati di tecnologici auricolari e ricevitori, sono in costante contatto con il tour leader che chissà cosa gli racconta, a passo di marcetta, per le strade di una delle città più belle del mondo. All'unisono - e sempre camminando - puntano le loro macchine fotografiche (ultimamente i loro tablet) e scattano foto ininterrottamente (non serve neanche più fermarsi per la messa a fuoco). Guardano Firenze attraverso lo schermo (come fossero già tornati a casa) e sempre di corsa, per rispettare il programma.
Quando si fermano è perché  l'ombrellino si è fermato.
Mi fanno un po' pena, ammassati su uno dei marciapiedi laterali del Duomo, tutti con il naso all'insù. Cosa gli racconterà la guida? E loro davvero ascoltano? Li osservo e poi mi guardo intorno.
Quante cose si perdono:  a destra ci sono i ritrattisti con i loro sgabelli che cercano di adescare clienti, a sinistra i cavalli con le carrozze, dietro di noi la fila fuori da una gelateria, e qui, proprio qui, davanti ai loro nasi, due innamorati si fermano per baciarsi.
 
Ehi! Sveglia!
Vorrei urlare
Guardate che bello:
ci sono due che si amano!
 
Ma basta un attimo, basta il tempo di un bacio, che già sono andati: ripartiti di gran carriera verso la tabellina del 9.
 
Spero che i miei figli possano avere sempre uno zaino e scarpe comode.
Spero che imparino a leggere una mappa e lo sguardo delle persone.
Spero che abbiano voglia di scrivere un diario e che non debbano svolgere un tema.
Spero che si fermino di fronte ad un bacio.
Spero che si perdano dentro un bacio.
Spero che imparino a fare programmi e a cambiarli all'occorrenza.
Spero che sappiano trovare la strada e che godano nel perdersi.
Spero che facciano poche foto, ma uniche.
Spero che camminino per il mondo con le orecchie ben aperte.
Spero che non seguano mai il fiocco in cima ad un ombrellino.
Spero che siano viaggiatori (e non turisti) sia del mondo che della conoscenza.
 
 
 L'apprendimento e la vita dovrebbe essere un viaggio e mai un Tour Organizzato.







venerdì 5 luglio 2013

Lesson nr. 2

Ore 12.50, in casa:

Mamma, quando litighiamo tu non intervenire.
Anche se ci mettiamo un'ora, poi risolviamo.
Se intervieni ci crei solo tensioni.
 
Che dire: un concentrato della migliore pedagogia,
da parte di mio figlio, 6 anni,
due enormi occhi dolci, color del Lago.

Grazie.
 
 Homeschooling vuol dire... non sapere mai chi ti darà la prossima lezione!

 

mercoledì 3 luglio 2013

Alti e Bassi. Dedicato a tutte le mamme perfettamente imperfette, al cento per cento.

Mettiamola così: quello che penso fa parte di quella che sono.

Dunque questo blog, questo zibaldone, è onesto nella misura in cui prova a rispecchiare fedelmente alcuni dei miei pensieri.

Ma come spesso accade, non sempre siamo all'altezza dei nostri pensieri. Così come, altre volte, sono i nostri pensieri - quelli bassi, un po' meschini - a non essere all'altezza delle belle persone che infondo siamo.

Insomma, capita che abbiamo ideali alti, a volte talmente alti da non riuscire a realizzarli del tutto, ma resta vero che è pur sempre a loro che tendiamo e, dunque, anche questo siamo.

Poi capita che, nostro malgrado, cadiamo in contraddizione, inciampiamo in logiche che mai difenderemmo, ci ritroviamo alquanto in basso, rispetto a quei meravigliosi ideali cui tendiamo, e quindi, inutile negarlo, anche questo siamo!

alti e bassi

La madre che vorrei essere è là, in alto, la vedo.
La madre che non vorrei essere è piuttosto in basso e vorrei non vederla, ma a volte si presenta senza invito.
Facendo una media matematica (ci si aggrappa a qualsiasi cosa!), credo che potrei ritenermi piuttosto soddisfatta, ma so che i miei figli non faranno la media fra la madre accogliente, disponibile, rispettosa e quella stronza che fa la bambina, punta i piedi e vuole avere ragione.
No, non credo che facciano la media... (seppure da unschoolers, potrebbero averlo imparato senza che me ne sia accorta!)
Di certo i figli sono Giudici molto più generosi di quanto pensiamo, ma di fronte ai nostri errori/orrori pagano prezzi molto più alti di quello che ci immaginiamo. Anche questo farà parte del loro ricco bagaglio. Amen.

Ecco, a Te che leggi (e ti ringrazio!) sento di dover dire che quello che scrivo è tutto vero, lo giuro, è tutto nella mia testa.
Lo penso e lo dico,
Lo dico e lo penso...
onor d'elefante al cento per cento
 (cito il meraviglioso "L'uovo di Ortone" - Dr. Seuss).

Ma tra il pensare, il dire e il fare... c'è di mezzo un lungo, lento, meraviglioso, faticosissimo remare verso quegli ideali, verso se stessi.

Sto remando, giuro, fra alti e bassi.
Fra giornate di tempesta, giornate di mare piatto e giornate né alte, né basse, che poi sono quelle che amo di più!

Se un giorno passerete di qui,  fra  i pochi metri quadri della nostra vita, potreste trovarmi in versione madre libertaria, in versione madre autoritaria (ahimè), in versione "improvvisiamo e vediamo un po' cosa ne viene fuori", in versione madre confusa e felice e pure in versione madre con le idee molto chiare e infelice!

E allora,  Signor Giudice! confesso che ho sbagliato, che sbaglio e ancora sbaglierò!

Chiedo i domiciliari (anche se a dire il vero qualche giorno di evasione....)  e chiedo le attenuanti generiche,  le generiche proprio non me le può negare: le generiche non si negano a nessuno!!

Come dice?
Non devo fare affidamento sull'eventuale prescrizione?  Trattasi di reati che NON si prescrivono??
Lo so Signor Giudice, lo so... I figli sono dei Giudici molto generosi, ma hanno una memoria da Elefante!

Passa il giorno e Ortone aspetta,
l'uovo è al caldo, non c'è fretta.
Vien la notte e Ortone attende
la tempesta lo sorprende.
Che diluvio! Che bagliore!
E che tuoni! Che fragore!
....
Da quell'uovo covato
dieci mesi e anche più
che stridule grida
ora vengono su!
Uno schianto! Un Colpo!
Un grattare di vita!
"Il mio Uovo" fa Ortone.
"LA MIA COVA E' FINITA!"
...
S'apre d'un tratto l'uovo lì accanto!
E fra i pezzi di guscio un po' rosso un po' bianco
appare agli occhi di Orton l'elefante
un piccolo essere alato e volante!
AVEVA ORECCHI E CODA E PROBOSCIDE:
PROPRIO A LUI SOMIGLIANTE!
 
Dedicato ad Ortone e a tutte le mamme perfettamente imperfette, al cento per cento!
 
 

martedì 2 luglio 2013

Per quelli come noi per i quali la scuola non è finita, sebbene non sia neanche mai iniziata!

Accade che con l'estate le mani abbiano altri lavori da svolgere, quasi tutti all'aria aperta e che ci sia meno tempo per ticchettare sul PC.

I bambini partecipano, come sempre, alla nostra quotidianità.

Grande si sveglia molto presto con suo padre, percorrono insieme i venti passi che portano all'albergo e preparano con il nonno quanto serve per la colazione degli ospiti. Per dirla tutta credo che il più mattiniero sia proprio il nonno e credo (anzi so) che Grande trascorra la prima oretta sdraiato sul divano inventandosi storie (così mi riferisce lui stesso).
Io scendo con più calma insieme a Piccolo e  a Minuscolo.

Durante tutto il giorno, i bambini giocano soprattutto.
In questo periodo - privati dei cumuli di neve (sui quali installavano navi pirata o scavavano igloo) - li vedo spesso dediti alla produzione di "malta" e alla costruzione di non so cosa. Nel loro laboratorio, a cielo aperto, giocattoli e attrezzi veri si mischiano allegramente.
Mentre il padre Nordico li rifornisce di martelli chiodi scale, la Madre Mediterrona passa in rassegna il tutto, facendo sempre sparire qualcosa, il che lo ammetto è senz'altro più sbrigativo dell'affrontare le mie ansie... ma quanto è difficile essere libertari per davvero!

Piccoli amici si affacciano quotidianamente e insieme intessono trame tutte loro: ieri erano una squadra di guardie forestali, oggi stuccavano un marciapiede. E poi, grazie alla nostra attività, c'è sempre l'occasione per incontri nuovi.
Mi piace guardare i miei piccoli sempre curiosi, sempre pronti ad intavolare discorsi con tutti, adulti e bambini, sempre istintivamente propensi a socializzare.

Ehi, dico: la socializzazione!
 
Un paio di giorni fa Grande riparava una camera d'aria della sua bicicletta con l'aiuto di un ospite olandese... nessun problema di comunicazione, a quanto pare, come testimonia la foto qui sopra.
That's unschooling my dear. That's life.

Sfoglio le foto degli ultimi giorni, niente di straordinario, tanti momenti vissuti insieme.
Invasare, falciare il prato, fare frittelle di carnevale fuori stagione, produrre piadine a forma di dinosauro, tirare qualche bercio ogni tanto, sentirli giocare insieme sotto la doccia, sentire l'acqua sotto ai piedi una volta in bagno, leggere, sbuffare, avere voglia di scappare per qualche ora, restare, metterli a letto, pensare, amare, pensare.

Può davvero bastare?
Non dovrebbero- dalle ore x alle ore y - scrivere, leggere, fare di conto?
Non dovrebbero già sapere a memoria almeno le capitali dell'Europa ?
E le tabelline, quando?
E il programma ministeriale?
 
Ecco, il programma ministeriale... credo sia davvero una iattura, pensare che l'educazione, la crescita, la formazione delle donne, degli uomini, passino attraverso la cruna strettissima di un banale, uniforme, nozionistico, chiuso programma ministeriale. Credo sia un'ipoteca pesantissima che grava  sul futuro, rinunciare ad una visione ampia, olistica, fluida, in cui il singolo possa sviluppare in maniera equilibrata, la mente, il corpo, la psiche, lo spirito (di qualunque cosa si tratti).
Serve una visione senza confini in cui ognuno possa cercare il suo personale equilibrio.
 
Si, ma... Sarebbe bello, però... un insegnante con 25 bambini come può farcela?
E poi 25 bambini di oggi?
 
"bambini di oggi?"
Mha...
 

Tutto qua? E' solo un problema di rapporti numerici?
O non è forse un problema di rapporti umani?
Sono certa che basterebbe ribaltare i paradigmi educativi che vogliono il maestro nel ruolo di insegnate / addestratore e la scuola nel ruolo sociale di fucina di cittadini.
Basterebbe pensare all'adulto nel ruolo di facilitatore e alla scuola come luogo di incontro, di crescita collettiva, di confronto. La scuola come luogo, spazio aperto, senza muri, senza porte, senza programmi. La scuola come luogo, come esperienza e non più come sistema, istituzione. 
Basterebbe.
La faccio facile lo so. Ma è FACILE.

Facile: Dal Latino Facilem
"Che ben si presta ad essere fatto"
 
 

E' facile crescere in un luogo aperto, molto più facile che in una gabbia. E' facile convivere pacificamente se non si è in cattività (altrimenti via il becco e gli artigli, come fanno agli inermi pulcini!).
E' facile rispettare gli altri se si viene rispettati. E' facile imparare se qualcosa ci interessa. E' facile aiutare qualcuno se vuole farcela, piuttosto che costringerlo quando non vuole.
Potrei continuare.
 
E' facile, nel senso che "si presta ad essere fatto" e ne sono testimonianza concreta le scuole libertarie, in giro per il mondo, dalle cui esperienze emerge che è facile la convivenza fra adulti e bambini - fra persone direi -  laddove le regole condivise garantiscono la dignità e la libertà di tutti.
 
Le nozioni, le regole grammaticali, le tabelline, le capitali europee - se e quando utili - attecchiscono su qualsiasi terreno.
 
Il senso di sé e degli altri, la consapevolezza del valore della vita, la responsabilità verso la Terra, la capacità di autogestirsi, la voglia di cercare e ricercare, il coraggio di seguire percorsi non segnati, l'indipendenza di pensiero, il senso critico, l'autonomia dal giudizio esterno, l'accettazione dei propri errori... ecco per queste e altre cose non basta un terreno qualsiasi, serve un terreno ricco, fertile.
Per queste e altre cose non basta un orto... servono distese immense.
 
Per le patate, invece, basta un fazzoletto di terra e 8 braccia volenterose (quelle dei nonni e le loro)