giovedì 26 settembre 2013

Perchè non vogliamo e non possiamo cambiare la scuola dal suo interno.


Ho buoni ricordi dei tempi della scuola seppure, col senno di adesso, mi accorgo di quanto mi abbia segnato (come la stragrande maggioranza) rafforzando la dipendenza dai giudizi degli altri; condizionandomi ad avere obiettivi esterni e non interni; assuefacendomi all'autorità, alla gerarchia, ai premi e alle punizioni; abituandomi alla competizione.



 
 
Le mie critiche, verso il sistema educativo dominante, sono scaturite quasi per caso, dall'incontro - in anni recenti - con alcuni pensatori (John Holt; Ivan Illich; Marcello Bernardi; A. Neil; Alfie Kohn...) e continuano a scaturire dal confronto con chi, come me, sta mettendo in discussione "LA SCUOLA" (uno dei più grandi tabù, come ho avuto modo di scoprire!).

Vengo da una formazione di sinistra, per cui ho sempre, SEMPRE, difeso la scuola pubblica, credendo che fosse una risorsa fondante per la società e per l'individuo. Sarebbe lungo spiegare perché oggi ho qualche difficoltà a difenderla come facevo un tempo. Ci provo in breve e solo in parte...

Se oggi mi trovassi di fronte ad una scuola democratica, libertaria, che mettesse al centro il bambino e non il programma; le competenze e non le nozioni; le qualità e gli interessi di ognuno; la collaborazione e non la competizione (trovo che sia un reato contro l'umanità impedire ai bambini/ragazzi di aiutarsi durante le verifiche!);

Se oggi mi trovassi di fronte ad una scuola che tenesse conto di tutte, o almeno quasi, le intelligenze e non solo di quella linguistica e logico-matematica; una scuola che si ricordasse anche del corpo dei nostri bambini (non solo come supporto per la testa e appoggio per il grembiule); e della loro ANIMA (di qualsiasi cosa si tratti e non mi riferisco ovviamente all'ora di religione!);

Se mi trovassi di fronte ad una scuola in cui non si debba avere paura di sbagliare; una scuola in cui non si imparino a memoria banali risposte “esatte”, ma in cui si seminino domande complesse,  senza necessariamente un'unica risposta, senza necessariamente una risposta;

Se mi trovassi davanti ad una scuola senza voti umilianti (accettereste, voi, la pagella dai vostri datori di lavoro? O dal vostro compagno? O dai vostri genitori?), senza ricatti, senza punizioni e senza premi;

Una scuola senza i vergognosi compiti a casa che privano i bambini/ragazzi del LORO TEMPO, DELLA LORO AUTONOMIA, DELLA LORO LIBERTA’;

Se ci fosse una scuola che invece che le date, raccontasse il vero orrore della guerra (di ieri e di oggi); che invece delle capitali a memoria raccontasse la meraviglia della Terra e dei suoi popoli; che invece che i classici a tutti i costi trasmettesse la passione per la lettura;

Ma anche una scuola che desse l'opportunità di piantare un chiodo nel muro;  di zappare, seminare, curare, raccogliere; di dipingere, scolpire, incidere...; di preparare un pasto SANO e condividerlo con gioia;  di smontare, riparare, riciclare, riutilizzare; di autoprodurre e non solo consumare, consumare, consumare (leggo su fb- proprio in questi giorni - delle interminabili, alquanto improbabili, liste degli acquisti che vengono girate ai genitori i primi giorni di scuola: penne dal tratto sottile, matite dalla punta morbida, quaderni a quadrettoni, quadrettini, a righe, a stelle e strisce; colori ad acqua, a tempera, a pastello; copertine colorate, ma trasparenti, compassi – uno a testa! – goniometri – uno a testa! – per non dire della corsa all'acquisto di diari, astucci, zaini (possibilmente alla moda!), e della vendita di panini, bibite, merendine…etc. etc. etc.).

E soprattutto se ci fosse una scuola che insegnasse la vita insieme agli altri. Quella vita in comune che può essere sostenibile SOLO sulla base di regole condivise (e non imposte dall'alto); sulla base di una pari dignità (senza capi, capi dei capi, e capi dei capi dei capi – e senza bravissimi, bravi, mediocri e incapaci); senza aggressione; umiliazione; imposizione; senza  INUTILI FRUSTRAZIONI (che tanto ci pensa la vita vera a procurarcene).

Insomma una scuola dove nessuno debba mai
- dico mai -
chiedere il permesso per fare la pipì.

Ecco, se questa fosse LA SCUOLA,  tornerei ad esserne una sostenitrice.

Ma la scuola non è questa e  non lo è mai stata.... tranne in rare eccezioni (come descritto nel bel libro "Liberi di Imparare"  di Francesco Codello e Irene Stella ).
E soprattutto LA SCUOLA - nel suo apparato, nella sua struttura, nella filosofia che la sottende e nelle sue finalità - NON HA NESSUNA INTENZIONE di essere questo.

Ecco perché (lo dico a coloro che, a volte, ce lo chiedono) , ecco perché, riteniamo di non potere e di non dovere cambiare dall’interno questa scuola.  

Non sarebbe possibile.
Non ora.
 
Ecco perché scegliamo di tirarcene fuori e di fare, a modo nostro, il meglio che crediamo per la nostra famiglia.

Ma tirarsene fuori, non significa disinteressarsene.

Anzi!



 
 

12 commenti:

  1. Ok. Letto.
    Preparati: monologo.
    Allora, sai perfettamente come la penso, esattamente come te. E cosa voglio, esattamente ciò che vuoi tu.
    Ma … mi dico che devo provare a portare tutto questo all’interno di una realtà pubblica, disponibile per tutti. Tutti. Si lo so, sa di utopia, ma riesco ancora a dare qualche spiraglio di luce a degli ideali egualitari, vitali e liberi per un mondo interamente colorato.
    Ci devo almeno provare. È questo che ho deciso all’inizio della scuola. (ti ricordi? Ne “parlavamo” in altre sedi). Un’insegnante che stimo, quest’anno si è trovata a dover scegliere se continuare nella scuola pubblica in cui lavorava (una scuola difficile sotto tanti aspetti) e una realtà che meglio si confaceva alla sua personalità e al suo modo di insegnare, ma privata. Ha scelto di rimanere, mi ha detto “sarebbe stato troppo facile e sarebbe stato come scappare, io voglio cambiare QUESTA realtà”. Con queste parole mi sono convinta. Se ci credo ci devo almeno provare. E pensa un po’: mi candido ADDIRITTURA come rappresentante, parteciperò alle riunioni e porterò il mio contributo, anzi, i miei contributi: la stampante sta andando a mille.
    Oddio, pensa che mi hanno sempre vista x quella strana e spesso odiata perché mi reputano una polemica rompipalle … e non ho praticamente mai parlato! ;-)

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  2. Condivisibili gran parte delle affermazioni anche se non condiviso appieno la frase "sulla base di una pari dignità (senza capi, capi dei capi, e capi dei capi dei capi – e senza bravissimi, bravi, mediocri e incapaci);
    Sembra - dico sembra perchè questo è il messaggio che mi è arrivato - che emrga la paura di prendere, posizione, paura del conflitto ce necessariamente implica il processo educativo, una negazione dell'asimetria che necessariamente esiste tra docente e allievo.
    C’è il timore dell’influenza, come se si potesse esserci senza esserci, come se l’autonomia degli allievi si potesse sviluppare appieno annullando l’asimmetria di potere fra chi insegna e chi apprende, come se ogni proposta da parte del professore fosse solo un vincolo all’apprendimento e generasse dipendenza, mentre l’estrema apertura e la rinuncia alla propria autorità favorisse l’autonomia dell’altro.
    Mi rendo conto che è un tema molto complesso, ma nel rileggere questo post mi è sembrato di rivedere la posizioni dei docenti del Liceo Spedalieri di Catania quando nel 2007 di front ad una richiesta di aiuto da parte dei ragazzi i docenti hanno invoccato la loro autonomia evitando di prendere posizioni dicendo "chi siamo noi per imporvi delle verità". Se qualcuno fosse interessato avevo scritto un articolo su questo pezzo pubblicato sul sito polemos.it http://www.polemos.it/doc_paper/54.html

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  3. Cara Elisabetta, capisco il tuo sentire e la tua scelta! Andiamo nella stessa direzione, lungo percorsi diversi. Se avessi i miei figli a scuola vorrei che tu fossi la rappresentante di classe e romperei le palle insieme a te!!! Speriamo di riuscire a cambiare qualcosa! Un abbraccio :)

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  4. Vorrei rispondere a Stefano: nella mia esperienza ho toccato con mano quanto il conflitto porti a chiusura, di qualsiasi natura esso sia. in questo post, in questa corrente di pensiero non vedo timore di prendere delle posizioni ma solo il tentativo di percorrere la strada che porta all'amore incondizionato ("cose" ancora poco terrestri ma almeno ci proviamo) e al rispetto per l'individuo e la sua individualità. mi inchino allo slogan che hanno invocato i professori che tu citi, c'è bisogno di meno onnipotenza e di meno onniscenza, soprattutto da parte di noi educatori.

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  5. A mio figlio ho comprato una cartella "alla moda" spendendo meno di 20 €. Lui è contento e io anche (visto che se lo porterà dietro per i prossimi 5 anni). Lo lasciano a scuola per tutta la settimana insieme ai libri, ai quaderni, al diario (procurato dalla scuola). I compiti li fanno a scuola e ci sarà da fare soltanto qualcosina il sabato per il lunedì, ma in futuro. Questo per lasciare ai bambini il loro tempo libero e la loro autonomia e ai genitori (specie quelli stranieri) la libertà di NON essere capaci di seguire i figli in ambito scolastico. I libri non si sono pagati, li passa il comune per tutto il ciclo delle elementari. Per quaderni, matite, pennarelli, copertine ho speso (e intendo per tutto l'anno scolastico)meno di 30 €, quindi meno di un mezzo serbatoio di benzina. Per le famiglie meno abbienti il comune, presentando un semplice modulo che consegnano a scuola, passa un assegno di 120 € (quindi 3 volte superiore al necessario) per far fronte proprio a queste spese. Le maestre non danno voti: fanno faccine sorridenti o mettono una V per far capire che hanno controllato e corretto il quaderno. Le maestre hanno formato le due sezioni basandosi sulla scelta dei bambini. I bambini hanno scelto i compagni (essenzialmente hanno scelto chi già conoscevano dalla materna) e la classe. Hanno messo dunque, i bambini nella situazione iniziale di maggiore serenità e continuità. Saranno le maestre, in futuro, a cambiarli di posto per favorire la socializzazione e la collaborazione tra maschi, femmine, italiani, cinesi, indiani e rumeni. Sto parlando di una scuola statale in una periferia di una grande città. Non la sto immaginando: la frequenta mio figlio di 6 anni. Sono una donna di 37 anni e so piantare un chiodo, cambiare una lampadina, cucine con la macchina da cucire, so stirare. Riciclo e riutilizzo. Cucino il minestrone usando verdure fresche e non congelate. Queste cose non le ho imparate a scuola (a differenza di ora che le affrontano già alla materna) eppure le ho imparate. Me le ha insegnate la vita. Come le impareranno i miei figli. Forse gliele insegnerò io, forse le impareranno da soli. Una scuola bella, forte in cui tutti abbiano la possibilità di studiare, c'è. Non senza problemi e non senza cose da cambiare. Ma credo fermamente che i medici che ci curano, che ci salvano dai tumori, o da un incidente, di cui tutti volenti o nolenti un giorno avremo bisogno, sono partiti da lì. Da una scuola elementare, con una maestra e con le lettere e i numeri appesi al muro. Tanto di cappello a chi vuole e riesce a fare una NON scuola in famiglia, ma prima di parlare male di qualcosa bisogna DAVVERO sapere di quello di cui si parla, perchè la scuola, non dimentichiamoci, è un insieme di persone, di individualità, di anime e in quanto tale è di per sè una infinita fonte di sapere.

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  6. Grazie Camilla per la visita e per la condivisione. Conosco la scuola - il sistema scuola - e mi sento serena e libera di darne semplicemente la mia personale visione. Sono contenta che questo sia di stimolo a scambi e confronti, seppure da punti di vista diversi. So che la scuola è -come dice Lei - "un insieme di persone, di individualità, di anime". So che la scuola è fatta anche di e da persone che ce la mettono tutta, nonostante tutto.Come Elisabetta, come lei (immagino), come moltissimi insegnanti. La mia analisi però si riferisce alla pedagogia dominante applicata nelle scuole, che purtroppo - a mio avviso - rischia di travolgere le buone intenzioni, il pluralismo e le anime diverse di cui Lei parla. Per quanto impegno ci possa esser, da parte dei singoli, la tendenza è innegabilmente quella della massificazione. La tendenza -direi conclamata - è quella del ruolo passivo degli studenti. La tendenza conclamata è quella della competitività. La tendenza conclamata è quella dei test a risposta multipla (INVALSI) per valutare (attraverso il livello degli studenti) il presunto livello degli insegnanti...... Il mio quadro - essendo generale - certo non rende giustizia a tutte le eccezioni, alle individualità, ai casi specifici... e di questo mi scuso.

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  7. si immagini bene LiberaMente. addirittura io vado oltre: nel mio mondo il sistema scolastico è opportunamente e abilmente manovrato affinché le reclute bambine diventino dei bravi e obbedienti servi adulti. I bravi insegnanti sono sempre in minoranza rispetto a coloro che cercano solo un posto di lavoro e obbediscono servizievoli senza porsi tante domande. è inutile offendersi, la società ci vuole lobotomizzati e a noi sta piuttosto bene e problemi più di tanto non gliene diamo. ma arriviamo al tasto "medici": anche loro, onnipotenti e onniscenti, che ci credono degli esseri non senzienti (certo anche qui noi ossequiosi e sempre chini al loro sapere) che credono di salvarci la vita riempiendoci di farmaci senza anche in questo ambito ci sono persone meravigliose, ma è il sistema sanitario che non va e di questo dovremmo indignarci. aprire gli occhi. smettere di delegare a degli estranei la nostra vita e quella dei nostri figli.
    se il tono sembra incazzoso è solo perchè, nel frattempo, sto discutendo con il mio 14enne della cresima .... ;-)

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  8. Vengo a leggere ora per vedere se LiberaMente mi ha risposto e vedo con piacere che si! mi ha risposto. Penso che possiamo darci del tu, visto che penso essere tua coetanea. Vedo che sei della "fazione" Vivi e Lascia Vivere, persone con le quali è possibile fare una discussione ricca e costruttiva. Persone pacate e rispettose pur nelle loro convinzioni. Vedo anche che c'è un'altra risposta meno pacata e rispettosa alla quale mi sento di dare una ulteriore risposta o spunto visto che Elisabetta prende in esame una mia affermazione.
    Discorso medici: non so dove abiti Elisabetta ma il sistema sanitario Italiano è uno dei più ben strutturati pur rimanendo un sistema fallibile e pieno di buchi. Non vorrei MAI vivere in America (da dove arrivano gran parte dei sistemi educativi alternativi e che si vanta di essere un paese all'avanguardia. Paese che mette armi in mano a minorenni. Ma questo è un altro discorso) dove se non hai una assicurazione puoi schiattare sul vialetto dell'ospedale! Ho diversi amici e parenti medici e loro curano la signora abbiente, la vecchina e i bambini ma curano il barbone puzzolente e fanno partorire la zingara. Io sono viva da 12 anni grazie ad un medico che mi ha operata salvandomi la vita, e che mi ha dato la possibilità di fare due figli, di viaggiare in aereo, di bere e di mangiare. La mia amica, con un tumore raro e avanzato quando al suo stadio le avevano dato un mese di vita, con le chemio e tanto coraggio e volontà, sta a fianco alle due figlie da un anno. Elisabetta, aprili tu gli occhi non tanto per te quanto per i tuoi figli! Ti auguro di non doverci mai entrare in un ospedale ma io e la mia amica ci siamo entrate a testa alta, ci siamo affidate e pur non avendoci curate con l'olio di canapa, l'aloe o la cacca di capra (perchè non lo sapete? Dai tumori si può guarire anche con la cacca di capra!) siamo ancora qui. Poi, Elisabetta, lungi da me convincerti a rivolgerti a esseri onnipotenti e onnipresenti, ma quando leggo certi post mi viene da domandarmi: quelle che criticano tutto e tutti, quelle che si impongono rinunce e le impongono ai propri figli in nome di una educazione alternativa, quelle che a tutti i costi vogliono essere antisociali perchè la società così com'è non va bene e allora se ne tirano fuori lavandosi le mani, quelle che per manifestare appieno la libertà dell'individuo vanno a pestare la libertà degli altri...quelle che, insomma, vogliono essere per forza contro corrente...non sono poi, a pensarci bene, prigioniere di regole che criticano a noi massificati dalla scuola e servi della società e del consumismo? Magari non le stesse, ma sempre di regole si tratta. Con cordialità Carmilla

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  9. Gentile Stefano, grazie del commento. Avrei voluto rispondere prima, ma speravo di trovare il tempo per leggere il suo articolo. Poi i giorni sono passati veloci, i bimbi hanno deciso di ammalarsi in gruppo (!) e ancora non ci sono riuscita! Lo farò presto. Il dubbio che Lei pone è molto interessante e molto complesso, mi riferisco all'asimmetria di cui parla fra docente e allievo, più in generale, direi fra adulti e bambini. Credo che tale asimmetria non si possa negare, ma detto questo sono certa che si possa , anzi si debba, comunque riconoscere ai bambini la loro dignità e libertà. Sono vaga lo so.... Ma lei ha colto un aspetto complesso e cruciale che a volte mi pongo anche io verso i miei bambini. So che, da madre, a volte devo assumermi la responsabilità di decidere per loro (ecco l'asimmetria), ma credo che la strada migliore (per crescere insieme)sia quella di imparare a decidere insieme a loro, coinvolgendoli ogni volta che è possibile; ascoltandoli; cercando di capirli e aiutandoli a capirsi (ed ecco che l'asimmetria si appiana in qualche modo. La ricetta perfetta io non ce l'ho. Siamo in cammino: gli aggiustamenti sono sempre necessari e soprattutto non tutte le ricette vanno bene per tutti. Per ora grazie per la visita e per lo spunto davvero interessante. Tornerò con un commento al suo articolo! :)

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  10. Ciao Camilla, certo che rispondo! Con i miei tempi (che a volte si dilatano), ma rispondo sempre con grande piacere e senso di gratitudine per il dialogo che si viene ad aprire. Il blog è per me un modo per mettere nero su bianco alcuni pensieri, ma - se non volessi il confronto - basterebbe un diario! :) Sento il bisogno di confrontarmi sia con chi la pensa come me (ovviamente!!) perché questo mi fa sentire meno sola, nel mio percorso un po' fuori dai binari. Ma sento forte anche il bisogno del confronto con chi non la pensa come me, perché le idee diverse sono un'occasione per riflettere, per crescere, per mettersi in discussione. Mi permetto solo due righe per mediare fra te ed Elisabetta che conosco come persona estremamente pacifica. Credo che Elisabetta non mettese in discussione il sistema sanitario dal punto di vista del Welfare; credo che non vorrebbe mai e poi mai un sistema iniquo come quello americano. Penso che si riferisse alla filosofia della medicina ortodossa, che nella sua corsa sfrenata alla specializzazione (che certo ha avuto anche dei vantaggi) ha forse perso di vista quell'approccio olistico, complesso, che ogni medico dovrebbe avere. Ma il discorso si fa complesso e meriterebbe un post ad hoc. Infine, non so cosa tu intendessi per "quelle che si impongono rinunce e le impongono ai propri figli in nome di una educazione alternativa", ma certo ogni scelta che facciamo ha dei costi e dei benefici, sia per noi che per i nostri figli. Ciò che conta è di farla secondo le proprie convinzioni, in coscienza, con responsabilità. Tempo fa una persona a me cara - riferendosi alla nostra scelta di fare homeschooling - mi ha un po' ferito dicendomi "spero che abbiate pensato al bene dei vostri figli." . Bè, che dire? Noi ci abbiamo pensato, eccome! Lo stiamo facendo PER IL LORO BENE, ma non pretendiamo che questa scelta sia l'unica fattibile nel bene dei propri figli. E' la nostra scelta giusta..... Non è LA scelta giusta....Ma è una scelta. Spero di incontrarti ancora. Un saluto.

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  11. Mi spiegate come si fa a parlare con i genitori senza dover prendere in affitto una sala conferenze e spendere soldi, per poi ritrovarmi con sta gente che scappa via, o che peggio ha un disco in testa televisivo cui dovete ripetergli 100 volte la stessa cosa prima che la capiscano?

    Secondo voi ad andare davanti a scuola prendono paura? Perché è vietato parlare? Perché la gente non vuole sapere niente altro che le faccende da sbrigare? Addirittura fanno gli offesi perché vogliono le mega presentazioni da amici o chissà quali introduzioni, se invece gli offri in vendita boiate ti concedono ascolto.

    Sono messo peggio di un vucumprà che cerca di parlare alla gente, lui un tappeto lo vende ogni tanto, ma io una famiglia non la pesco che sappia cosa sia o voglia ascoltare cos'è l'alienazione.

    Che dite? Mi butto in politica? Con tutto quello che so, e con questa gente passiva e apatica, posso divenire un genio del male e avere milioni di schiavi. E' più facile che con le api, non serve neanche il fumo, e non ti pungono neanche, un bel sorriso, un programma scolastico e posso creare una nuova generazione di ragazze che si concedono, non serve nemmeno che uso la forza come fanno gli stupratori, esse verranno da me e potrò fare quello che voglio, e le loro madri saranno contentissime della posizione che possono trovare da me e i miei colleghi. SMACK ! SLURP !

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